PRCS 15713
La Grotta capovolta di Popecchio

Dati generali

Numero catasto 3 - SLOVENIA 8507
Numero catasto 1- CATASTO STORICO VG 1500
Area geografica CARSO SLOVENO
Nazione SLOVENIA
Comune Koper
Località Hrastovlje
Dislivello 10 m
Sviluppo spaziale 10 m
Profondità 10 m
Num. ingressi 1
Pozzo di accesso No
Pozzi interni No
Artificiale/Naturale Naturale

Posizione primo ingresso

Quota 280 m
Anno 1918
Cartografia 1:25000 IGM 53AISE
Nome cartografia IGM SAN SERGIO
Lat. (WGS84) 45.517761
Long. (WGS84) 13.908699
Lat. GKSLO 5042080
Lon. GKSLO 5415115
Lat. eur50 45°31'07,1
Lon. eur50 13°54'34,7
Lat. igme 45°31'04,6
Lon. igme 01°27'23,4
Validità posizione abbastanza sicura o fatta con carta 1:5000

Rilievi

Tipo rilievo Gruppo Nome Gruppo Data rilievo Eseguito da
Relatore DZRJLJUANA DZRJ Ljubljana 24-02-2001 Simić Marko
Aggiornamento Rilievo DZRJLJUANA DZRJ Ljubljana 17-02-2001 Simić Marko
Aggiornamento Rilievo DZRJLJUANA DZRJ Ljubljana 17-02-2001 Grošelj Alja
Aggiornamento Rilievo DZRJLJUANA DZRJ Ljubljana 17-02-2001 Simić Grošelj Bor

Altri nomi

Jama v Štrkljevici

Descrizione

Per un sentiero non molto comodo, ora da noi segnato in colore rosso, s'accede a una cengia che attraversa la parete a 50 metri sotto il ciglione e che è il ipuinto più favorevole per osservare da.sotto in su, a differenza delle altre questa grotta.

La parete sotto la grotta si presenta per breve tratto ricoperta di grossolane incrostazioni calcaree. Verso mezzogiorno alcune macchie color indaico e ocra, prodotte dallo scolo dellre acque dell' al­tipiano lungo le pareti, ricordano quelle della grande voragine di S.Canziano, mentre a tramontana apparisce evidente l'azione meccanica dell'ac­qua, la quale penetrando fra gli strati del calcare, ormai largamente fessu­rato, provoca il successivo crollo di grossi massi che vanno a depositarsi sulla cengia ed al fondo della valle. La parete è a forte strapiombo: ecco l'ostacolo. Tutti i tentativi precedenti di esploraziione partirono dal piade della parete ed in ciò apparato consisteva l'errore. Dire di tutti i tentativi fatti per scalare quella parete e raggiungere la grotta, sarebbe cosa impossibile. Già il Kandler la menziona, il De Franceschi mella sua opera « L' Istria » del 1879, ne consiglia l'esplorazione, e gli abitanti del villaggio nar­rano, come quel povero incavo sia stato la meta di continue ed azzardate spedizioni senza che in nessuna di esse nemmeno l'imbocco ne fosse stato toccato, neppure quando squadre d'ingegneri che attendevano alla costru­zione della iinea Trieste-Pola, con quella larghezza di mezzi che soltanto in simili casi è raggiungibile, vi si cimentarono. In uno di questi tentativi a mezzo di ramponi, l'esploratore temerario arrivò però fin quasi alla bocca della grotta, col risultato per lui poco confortante di esser poi tra­sportato dai contadini del luogo all' Ospedale di Trieste, dove non sappiamo se ci abbia rimesso la vita. 

Col 1920 entra in sce­ma l'attività della nostra Commissione 'Grotte. Quella Grotta «capovolta», assunte le sembianze d'una sfinge, aveva terminato col sedurre i nostni giovani. Erano ora delle difficoltà stesse, consta­tate ufficialmente, che eser­citavano la loro attrattiva. Poi (non l'abbiamo ancor detto) delle travi che si intravvedevano lassù, e delle intaccature, per quanto can­cellate dagli agenti atmosfe­rici che si indovinavano nel­la roccia ad attestare che colà s'arrampicava nei tempi passati una bella armatura, grazie alla quale l'accesso alila grotta doveva esser stato facile. Come arrivarvi oggi senza quell' armatura? Come raggiungere quella cassa lassù, che pur ci doveva essere, quando già abitanti del 'luogo, ad onta di tutti gli scetticismi la ve­devano, sostenuta dalle travi e nella quale la leggenda vo­leva ci fosse nascosto un tesoro.  Tutta l'energia, la co­stanza e le cognizioni prati­che dei nostri esploratori furono iposte in opera. Nella pace raccolta dello stanzino della «Commissione Grotte», ove pietre calcari d'ogni for­ma e d'ogni colore sanno stuzzicare  i desideri latenti e incoraggiare all'impossibile, le misura­zioni seguirono alle valutazioni, schizzi e nuovi studi furono fatti sopraluogo, sul Carso di Popecchio. Le difficoltà dell'impresa avevano ormai stimolato al lavoro e ne risultò quindi l'ingegnosa armatura rappresentata dalle varie figure che illustrano questa relazione. Era l'uovo di Colombo: conveniva accerchiare la grotta capovolta di una armatura esterna, come con una gigantesca tela di ragno. Ma non fu lavoro facile. 

Il nostro piccolo gruppo con i suoi non troppo leggeri attrezzi (50 metri di scala d' acciaio, 2 scale di legno di 4 metri, un tronco d' albero di 5 metri, 400 metri di corda, leve di ferro, martelli, scalpelli, ramponi, ecc.) partito dalla solitaria stazione di Piedimonte, arrivava al ciglione di Popecchio e si metteva all'opera. Il terreno in quel punto non si presenta certamente favorevole per fissare solida­mente un'armatura composta d' un insolito numero di scale e di corde e perciò si rese ne­cessario un lavoro, che già in condizioni normali ha da es­sere eseguito con ogni cura e circospezione, tempo non lie­ve,  costo e fatica.

Divisa la comitiva in due gruppi, mentre l' uno di que­sti attendeva alla fissazione dell'armatura, l'altro, dalla cengia sottostante, regolava ed aiutava la posa in opera. Uno dei partecipanti poi, da una sporgenza a sbalzo, nel vuoto, assicurato ad una fune, trasmetteva gli ordini facendo da   intermediario   fra   i    due

gruppi. E qui cominciava l'az­zardato esercizio di acrobati­smo. Prima a esser posto in opera fu un grosso cavo di manilla (a dello schizzo) munito d' un anello di ferro al capo inferiore, oltre al quale passava la corda di sicurezza (b) successivamente la scala d' acciaio (A) e infine la scala di legno (B), la quale, calata dall'alto mediante la corda, (e) veniva puntata e solidamente assicurata ad altezza conveniente alla scala d'acciaio. Tra questa la prima posizione dell' armatura (Fig. 3). Esaminando lo schizzo, si comprenderà che con ciò la base della grotta non era ancora raggiunta Occorreva ora spostare la scala d'acciaio verso il punto d, il che fu fatto servendosi d'una fune a due carrucole   (e), calando lentamente la scala di legno, dall'alto (corda e) e ignudandola dal basso coll'apposita corda Era ottenuta così la seconda posizione dell'armatura.

L' esplorazione non era ancora eseguita per quanto fosse già raggiunto l'obbiettivo principale.

Colla parete strapiombante al di sotto, ci si trovava ormai alla base della caverna ovoidale di 5 o 6 metri di diametro (Fig. 4), si potevano osservare molto più davvicino i resti dell'armatura dei nostri predecessori d'un tempo, e si indovinava ormai che il camino terminava a fondo cieco.

E fu allora un lavoro di braccia e di gambe, mettendo a razionale profitto tutte le poche e lievi sporgenze, lubrificate dal guano dei colombi selvatici. A quell’ultima fatica si dava poca importanza. Si contarono, a due terzi d'altezza della base, 6 vecchie travi, crivellate da scariche di fucile, incrociate fra loro senz'alcun ordine apparente e appoggiate sulle sporgenze delle pareti. Probabilmente un ricovero di antichi tempi, costruito lassù per il caso di incursioni barbare (i turchi). Null'altro, tranne poche fessurazioni impraticabili sulla volta. Di tesori nessuna traccia. Per la sta­tistica notiamo che alle 13, dopo quattro ore d'indefesso lavoro (Fig. 5"), era posta in opera l'armatura volante e che alle 13.20 entrava per primo nella grotta Mariano Apollonio seguito da Emilio Comici e dagli altri (Fig. 6). Se anche la grotta non aveva offerto nulla d'interessante in linea storica o speleologica, tuttavia la caratteristica esplorazione acrobatica aveva interessato vivamente tutti i partecipanti.

Alle 16.45 la piccola comitiva ritornava coi suoi attrezzi verso il vil­laggio, accolta con cortesia dalla scarsa e povera popolazione, la quale, dopo aver assistito alle varie fasi dell'operazione, sperando forse nel tesoro misterioso, ora per quanto delusa, per dare una dimostrazione effettiva di ammirazione, offriva il mezzo di trasporto per il materiale dal paese alla stazione ferroviaria: un modesto asinello.

All'esplorazione parteciparono i consoci: Apollonio Mariano, Apol­lonio Pietro, Beram Antonio, Bucher Giorgio, Cabas Pino, Comici Emilio, Gulicb Giuseppe, Jenull Giovanni, Malusa Vittorio.

A. Beram.

Note

1) jama ni registrirana, brez zapisnika, brez načrta
2) TTN-5

 

Rilievi

Immagini