PRCS 125
GROTTA DI BORIANO Stampa 

Dati generali

Numero catasto REGIONE F.V.G.
125
Numero catasto 1- CATASTO STORICO VG
135
Numero catasto 3 - SLOVENIA
947
Area geografica
CARSO TRIESTINO
Nazione
ITALIA
Provincia
TRIESTE
Comune
Duino Aurisina / Devin Nabresina
Località
BORIANO
Dislivello
23.5 m
Sviluppo
188 m
Sviluppo spaziale
193 m
Profondità
23.5 m
Num. ingressi
2
Pozzo di accesso
No
Pozzi interni
No
Artificiale/Naturale
Naturale

Altri nomi

GROTTA DELL'ACQUA
GROTTA DEI PARTIGIANI
Vodenika
Jama vodnica

Descrizione

DESCRIZIONE STORICA: Un foro oblungo a guisa di bocca, largo 6 m. ed alto 3 mi, mascherato in gran parte da fitti cespugli che colle loro spine, sembrano voler difendere il regno delle te­nebre dall'importuno che tentasse turbarne la solen­nità del silenzio. Superato questo primo ostacolo, non senza ripor­tarne visibili tracce sulle mani e sulle vésti, s'incontra un piano inclinato circa 30 gradi, composto di pietre rotolate dall'esterno, in seguito al progressivo sfasciarsi della roccia soprastante. Fino dove si può far strada la luce, il rovo di macchia (Rubus fruticosus), l'edera (Hedera JtelixJ, la felce (Aspleninm Trichomanes), ed il musco comune Hypnum tamarìscinum) ci rallegrano con la loro pre­senza il principio della discesa. Ora, lasciando a sini­stra un gruppo di tozze colonne, tappezzate da folto muschio, scendiamo la china suaccennata per 18 m, e dopo aver disceso un gradino di due metri, ci tro­viamo su suolo vario, ineguale ma a base piana, che si mantiene tale per un percorso di 28 mt. Qui l'oscurità viene interrotta per un momento da una tenuissima luce che un camino angusto e tortuoso lascia scen­dere dall'alto, poi di nuovo tenebre profonde. Se fino a questo punto la grotta non si distin­gue gran che per le formazioni calcari, proseguendo ci si presenta addirittura di una estrema orridezza : il suolo è ingombro di grossi macigni, accavallati gli uni sugli altri; onde poter proseguire fa d'uopo arram­picarsi sopra un blocco di forma cubica, e da questo passare su altri massi continuando così per 29 metri ; tanto i massi che le pareti sono coperti da una melma nerissima che li rende lubrici e quindi malsicuri; non si scorge nemmeno la più piccola concrezione e sia la volta che le pareti ne sono affatto prive, nere poi co­me   in   una   camera funeraria. La colorazione in nero avviene in quasi tutti gli antri che giacciono nell'eocene inferiore.

Lo stesso fenomeno si riscontra nella grotta delle torri presso Lipizza e nella grotta di Back sull'alto­piano di San Lorenzo, le quali appunto si aprono nel calcare bituminoso. Ancora qualche passo su suolo meno difficile del già percorso, ed incontriamo un altra discesa che non offre alcuna difficoltà. E un tratto lungo 17 metri, con una pendenza di circa 40 gradi, a piedi della quale trovatisi due colonne di color giallo rossastro. Alcuni metri dopo queste colonne, quasi nel mezzo della grotta,  scorgesi 1' orifizio circolare di un pozzo profondo 3 m largo più di 4 dal cui fondo emerge una stalammite a forma di sfera levigata e geometricamente re­golare, del diametro di 1,5 m., la quale anziché fissa, sembra essere stata piuttosto abbandonata ove giace, dalla mano gigantesca di qualche Genio sotterraneo, stanco di secolei trastullarsi. Dalle due colonne anzidette. al punto 11, il suolo, fattosi di nuovo piano e senza alcuna scabrosità di qualche rilievo, è tutto concrezionato a linee capriccio­samente irregolari, fra le quali trovansi alcuni bacinetti d'acqua della temperatura di  11  centigradi. La grotta, sino a questo punto, non è altro che una galleria, variante in larghezza dai 5 ai 15 metri, con un'altezza massima di 10 e minima di 1,5; dove essa propriamente si allarga, è nella sua ultima parte, la quale puossi ben dire sia la sola che offra qualche interesse per le sue formazioni.

L'occhio stanco di vedere continuamente pareti brulle e nere, di una eccessiva monotonia, trova almeno dove posarsi, poiché al primo entrarvi si scorge subito una stalammite sor­gere dal bel mezzo della sala, e più avanti un pilastro gigantesco che sembra sostenere la volta ; nella penombra poi una fuga di colonne minori bianco giallicce, poste lungo le pareti e spiccanti dallo sfondo rosso oscuro rendono più simpatico 1' assieme. Alcuni gruppi di stalammiti sono veramente graziosi e di bellissima fattura. Con questa camera, larga 22 m. su 43 di lunghezza, raggiungente la massima altezza di 9 m. la grotta fi­nisce a 25 m. più sotto della sua imboccatura, avendo una lunghezza totale di 193 m. Un tanto, per quello che riguarda il suo aspetto in generale. Ora, all' osservatore non del tutto profano di fenomeni speleologici, che va riandando colla mente la formazione di questo antro, appaiono subito le dif­ferenti cause che gli diedero origine, in due epoche diverse e lontane fra di loro e più precisamente io opino senza tema di cadere in errore che dal l'ingresso sino al punto 5, la grotta deve la sua esi­stenza ad una frana staccatasi dalla volta per cadere nel sottostante vuoto, prodottosi dalla corrosione del1' acqua. Le pareti squarciate, i massi imponenti per mole che rendono vieppiù disagevole il cammino nella oscurità a mala pena rischiarata dai lumi, sono lì per corroborare il mio asserto. Il secondo tratto all' in­contro, che corre dal punto 8 in avanti, si formò in seguito al lento ma instancabile asporto del calcare per opera dell'acqua. Meno che nell'ultima parte il suolo è perfettamente orizzontale, mentre le incro­stazioni ondulate e sinuose di cui esso va coperto ; le pietre arrotondate e bitorzolute, consistenti in un im­pasto sabbioso, che giacciono sul fondo; le pareti listate orizzontalmente a differenti altezze da concrezioni calcari tutto speciali, quasi altrettanti cornicioni, danno a divedere in modo evidente che questa parte della grotta fu, in un tempo relativamente non molto lonta­no, il deposito stabile di un'acqua sotterranea che pre­sentemente è scomparsa, essendo riuscita ad aprirsi chissà quale via di passaggio attraverso gli strati del calcare in1 grazia al suo proprio lavorio meccanico, e non lasciando in oggi che alcune vaschette ridotte aneli' esse a minimi termini. Durante l'inverno peraltro, la grotta cambia di aspetto: al rado e lento stillicidio dei mesi estivi, sottentra uno sgocciolio fitto e continuato, che in mol­tissimi punti si tramuta in veri zampilli; 1'acqua scen­dendo al basso per mille rigagnoli, si ferma nei punti di maggior depressione, e così il pozzo che giace al punto 11, come pure quello in cui trovasi la stalammite sferica, s'empiono sino all'orlo, traboccano, e l'acqua, la cui temperatura scende a +7° C , dilaga per la grotta, e ben lungi da raggiungerne i livelli, che la natura stessa s'incaricò di segnare mediante quei cornicioni calcari più sopra menzionati, arriva all'altezza di anche mezzo metro, sicché riesce molto difficile il proseguire. Appena cessate le piogge però il liquido elemento, sfugge in poco d'ora, per fessure sconosciute ed anche attraverso il suolo permeabilissimo, e le acque si ritirano in letto sempre più angusto per quasi totalmente essicarsi nei mesi di maggior siccità. Di una fauna propriamente detta in questa grotta, non si può parlare; piccioni selvatici e pipistrelli sono le sole specie che rappresentano i vertebrati mentre d'artropodi per quante ricerche si facessero non si poterono trovare che le tre seguenti specie : Titanethes a/bus, Nipluirgus puteanus e Aselhis cavaticus. La nostra Commissione grotte visitava dapprima superficialmente questo antro nel gennaio 1896, nelle due successive visite, praticatevi nel giorno 8 settembre 1898 e rispettivamente 3 aprile 1899 si presero le misu­razioni altimetriche e planimetriche, e se ne rilevò la direzione, che va  complessivamente, salvo qualche serpeggiamento, da E. ad O.

DESCRIZIONE: questa importante cavità era nota da lungo tempo agli abitanti di Boriano, ma la prima visita di cui si ha notizia certa è quella effettuata nel 1898 dalla Società Alpina delle Giulie; l'anno successivo Giuseppe Sillani ne effettuò il rilievo e nell'ultima sala sono ancora visibili le sigle e la data tracciate in quella occasione. Con l'arretramento del confine italo-jugoslavo la grotta venne considerata perduta e appena nel 1959 si accertò che l'ingresso era tuttora in territorio italiano, sia pur per pochi metri: l'accedervi però richiese molta attenzione e per non valicare la linea di confine è necessario scendere per una scarpata laterale coperta da rovi, mantenendosi al di qua del paletto di confine. L'attuale imbocco non è quello scavato dalle acque che hanno formato la caverna e si è aperto in epoca successiva sul fianco della stessa; una volta entrati si percorre un ambiente spazioso, dal suolo in ripida discesa, nel quale si intravedono subito ricche formazioni calcitiche e massi di crollo. Dopo un tratto ascendente la cavità continua con una tetra galleria interamente occupata da un caotico accumulo di blocchi enormi e lastre staccatesi dalle pareti e dalle volte, sui quali si procede con cautela in leggera discesa. Il materiale di frana si esaurisce in corrispondenza di una stozzatura, al di là della quale la grotta muta completamente aspetto: il suolo diviene orizzontale ed è costituito da un crostello stalagmitico, nel quale sprofonda una cavità a forma di marmitta che è possibile aggirare lateralmente. Più avanti le dimensioni della cavità aumentano e le concrezioni coprono ogni anfratto, creando sul pavimento dei grandi bacini colmi di limpidissima acqua. Superati altri due pilastri che formano una specie di portale, si entra in una grande caverna nella quale si ergono, sul lato destro, numerosi ed imponenti gruppi colonnari e stalagmitici che digradano verso la parete Sud. Nella parte terminale della sala si nota che il crostone calcitico è stato spezzato, incontrando un banco di argilla che è stato scavato per qualche metro, nel tentativo di scoprire altri vani. Lo scavo è stato effettuato nel corso della prima guerra mondiale ed infatti sulle concrezioni vi sono varie sigle e date degli anni tra il 1914 ed il 1917, durante i quali gli austriaci considerarono la possibilità di adattare la grotta a ricovero militare, come venne fatto per altre caverne vicine, tra le quali la Grotta di Ternovizza. Il nome indigeno (Vodnica Jama - Grotta dell'Acqua) suggerisce l'ipotesi che gli abitanti dei vicini paesi vi si recassero in occasione delle grandi siccità ad attingere le fresche ed abbondanti acque delle vasche alimentate da un costante stillicidio e da modeste infiltrazioni. Va notato ancora il fatto singolare che la grotta procede nel suo sviluppo parallela al fianco della collina, mentre il camino che raggiungeva la superficie, notato dal Sillani, è ora ostruito.

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Note

1) ESPLORAZIONE COMPLETA
1) ACQUE DI RITENZIONE PERMANENTI
1) GROTTA AD ANDAMENTO SUBORIZZONTALE
2) VASCHETTE SEMPRE PIENE
2) INSERITA IN TOPOL
3) POSIZIONE ESEGUITA CON GPS DIFFERENZIALE
4) RILIEVO COMPLETO
5) SEGNALATA ALLA REGIONE PER FUTURA TUTELA

Altri ingressi

Quota (m) Profondità (m) Lat. (WGS84) Lon. (WGS84)
248.6m 7.5 13.71892 45.77057

Rilievi

Bibliografia

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