La grotta catastata e rilevata (anche bene) dal GTS, si presenta come un meandro alto circa 3m e largo 1m, fortemente soffiante, che dopo uno scivolo ghiacciato di una trentina di metri termina su una frana da cui spira aria, mentre una finestra a pochi metri dal fondo, raggiunta in arrampicata, porta su un meandro che dopo una quindicina di metri terminava anch’esso su un tappo di frana ventoso. Terminava appunto. Una disostruzione durata poche uscite (il passaggio l’abbiamo tuttavia battezzato “Borghetto Siberia”, lasciamo al lettore immaginare il motivo) ha permesso di accedere alla continuazione del meandro, sfociante su un pozzo di 35m seguito immediatamente da un bel P20 dalla cui base si accede con un saltino ad una forretta impostata su una evidentissima faglia NW-SE battuta da aria. Bello, c’è la continuazione, c’è l’aria. C’è uno spit. E due batterie. In questo periodo di gente permalosa sulle questioni religiose, tralasciamo le parole che sono volate. Di nuovo comunque qualcuno è stato qui e non ha lasciato testimonianza utile alle generazioni future. Ragioniamo un po’ e ammesso evidentemente che nessuno può essere passato dove siamo passati noi, è evidente che questo posto lo hanno raggiunto da un’altra grotta che però data la quota a cui siamo arrivati è quantomeno un -100m. E, naturalmente, a catasto non c’è niente. Le batterie appaiono parecchio 63 vecchie, delle Mazda degli anni ‘70 o ‘80 e lo spit è arruginito. Inghiottiamo amaro e scendiamo il saltino che fu già sceso “chissaquando chissadachi”, arrivando all’attacco di una forretta impostata su una evidentissima frattura NW-SE. Proseguiamo per qualche decina di metri, fino a una strettoia. Spogli dall’attrezzatura in un paio di tentativi passiamo. La forra prosegue e dopo una seconda strettoia meno ostica arriviamo alla partenza di un pozzo di una ventina di metri che però non ha segni di armo. Sembra vergine, evidentemente la prima strettoia ha scoraggiato gli ignoti esploratori, meglio per noi. Successivamente torniamo, e con buon fiuto troviamo la continuazione non sul fondo ma traversando, dove una condottina ci alita un vento gelido addosso. Qui un restringimento ci impedisce per ora di passare, ma oltre prosegue nuovamente largo. Quindi va.